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    Doppio appuntamento con Paolo Panaro  Doppio appuntamento con Paolo Panaro
    Pubblicato da: sante.scarafino

    COMUNICATO STAMPA N.1491
    2 gennaio 2013

    Doppio appuntamento con Paolo Panaro
     “Con il teatro si fa Natale” il 3 e 4 gennaio a San Pietro e Paolo
     
    L’Assessorato alla Cultura del Comune di Monopoli promuove presso la chiesa di San Pietro e Paolo due appuntamenti con il teatro dell’attore monopolitano Paolo Panaro.

    Giovedì 3 gennaio appuntamento con “Il Sosia” di Fëdor Dostoevskij (diretto e interpretato da Paolo Panaro, luci di Annalisa Pellegrini e produzione del Centro Diaghilev). Venerdì 4 gennaio va in scena “Oblomov” di Ivan Gončarov (diretto e interpretato da Paolo Panaro, luci di Annalisa Pellegrini e produzione del Centro Diaghilev).

    IL SOSIA“Per conoscere un uomo bisogna studiare non il suo silenzio né il suo modo di parlare ma il suo riso. Se a un tratto riuscite a decifrare un carattere è perché avete visto come egli ride. Quell’uomo ride bene? Allora è un buon uomo. Se invece mostra un tratto di stupidità nel riso, deve essere di intelligenza limitata.” (F. Dostoevskij). Il Sosia, opera giovanile di Dostoevkij, è un racconto fantastico su un tema lungamente sfruttato sia in letteratura che in teatro e in seguito sviluppato da numerosi autori. Gorliadkin, un grigio impiegato pubblico (molto simile ai divertenti impiegati della narrativa gogoliana), forse consapevole di un suo malessere interno e segretamente innamorato della figlia del suo capoufficio, cerca di trovare conforto nel suo medico. Si denota immediatamente una manifesta mania di persecuzione del protagonista alternata a un evidente senso di inferiorità nei confronti dei suoi simili. Il carattere di Gorliadkin è straordinariamente contorto e su di lui pesa continuamente l’ossessione di essere giudicato male dagli altri. Per una persona così delineata che vede nemici ovunque, non può esserci maggior nemico che il doppio di se stesso e quando questo sosia, perfido e cinico, comincia ad invadere ogni spazio vitale del nostro eroe e ad assumere un posto in società che il vero Gorliadkin non ha mai potuto rivestire, il crollo psicologico del protagonista è tragicamente inevitabile. Per tutto il corso del racconto, però, non è possibile definire esattamente se la presenza di “un altro se stesso” sia un fenomeno di sdoppiamento di personalità correlato a un'alterazione psichica del protagonista o sia una situazione paradossalmente reale: in ogni caso Dostoevskij delinea, come sempre, la figura di un emarginato, che è tale perché non riveste le caratteristiche socialmente accettabili dalla Russia ottocentesca. La follia è sempre dietro l’angolo e ci attende.
     
    OBLOMOV  - “Si può imparare a vivere? Evita qualsiasi frenesia; lascia che i tuoi giudizi smascherino la stupidità. Ridi, ma senza fretta…” I.A.Gončarov. - Tenero e ironico, malinconico e divertente, pieno di simboli e realista, il capolavoro di Gončarov, pubblicato nel 1859, è uno dei romanzi più belli della letteratura mondiale. Il protagonista simboleggia un aspetto particolare dello spirito russo: il fatalismo. Oblomov è un uomo arrendevolmente buono, vittima di una perenne incontrollabile tendenza alla contemplazione. E’ affetto, come ci suggerisce l’autore, da ‘oblomovismo’, sindrome riconosciuta in seguito in psicologia per indicare una singolare tipologia umana incline alla passività di fronte all'aggressività del reale. Oblomov è un provinciale, venuto a Pietroburgo per studiare. All’inizio egli sembra lasciarsi trascinare dalla vita dei suoi coetanei idealisti, pieni di forza e di vita, ma ben presto, non avendo nessuna necessità di lavorare per crearsi l’indipendenza economica, si abitua all’idea che gli altri debbano lavorare per lui e si lascia vincere dall’indolenza inoculatagli nel sangue durante la pacifica fanciullezza trascorsa nella sua tenuta di campagna. A 33 anni Oblomov giace nell’inerzia più totale nel suo  polveroso e disordinatissimo appartamento. Trascorre tutto il giorno a letto, immerso in sterili ruminazioni. Dal torpore del sonno lo scuote un amico di antica data, Stolz, che lo stima e ne apprezza le qualità morali e intellettuali. Per effetto della sollecitazione di Stolz, Oblomov torna a frequentare il mondo. Ma il nostro antieroe non è entusiasta di questa nuova vita; gli sembra vacua e tediosa più della solitudine in cui era immerso. Ma un giorno Stolz gli presenta una giovane donna, Olga, di cui si innamora perdutamente. L’amore che Olga riesce a suscitare in lui sembra, per un momento, essere uno strumento di liberazione e di rigenerazione. Oblomov arriva a proporre a Olga di sposarsi, ma questo passo decisivo, che richiede impegno, movimento, interesse immediato, vivace, lo spaventa a tal punto che ricade inesorabilmente nella sua monotona indolenza. Olga sposa Stolz e, una volta sposati, i due fanno un ultimo tentativo per sottrarre Oblomov a una vita indegna, proponendogli di andare a vivere accanto a loro. Oblomov rifiuta, chiudendosi definitivamente nel suo guscio sonnolento. 

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